La mia Terra di Mezzo

Tra un fonendo ed una tazza, scorre la mia Terra di Mezzo, il mio presente.....Le porte? Si possono aprire, spalancare sul mondo, ma si possono anche chiudere, per custodire preziosi silenzi e recondite preghiere....





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martedì 30 maggio 2017

Magistero retorico ed affettivo

Da molti anni la teologia cattolica, inficiata di storicismo idealistico, va togliendo all’interpretazione del dogma cristiano le sue essenziali coordinate logiche e metafisiche, e con esse la nozione di verità rivelata, sostituendola con la dialettica del progresso umano e delle riforme sociali.

Al messaggio divino della Redenzione offerta da Cristo si è andati sostituendo l’illusione dell’umanesimo ateo, che immagina l’uomo di oggi non più bisognoso di salvezza perché ormai capace di trascendersi e di realizzare con le sue forze il Paradiso in terra.
 
Dal Vaticano II in poi, questa falsa teologia ha penetrato progressivamente anche il linguaggio del magistero ecclesiastico (non più sobrio e dottrinale ma sempre più retorico e affettivo) e ha indotto molti vescovi e persino qualche Papa a una prassi pastorale che sembra mirare a un sistematico “superamento-toglimento” della Tradizione, soprattutto per quanto riguarda i valori autenticamente soprannaturali, sostituiti dai valori meramente naturali, propri dell’umanesimo secolaristico oggi dominante nella cultura occidentale.
Inevitabile, di conseguenza, il disorientamento delle coscienze dei comuni fedeli, che non vedono più nei loro Pastori – ormai apertamente divisi sui motivi e sulle finalità delle riforme dottrinali, disciplinari e liturgiche – una guida unanime e coerente.

(Mons. Antonio Livi)

lunedì 29 maggio 2017

Fuoco amico

C’è qualcosa di inedito, oggi, per milioni di cattolici: all’assedio di una cultura avversa, nichilista ed atea, cui gli europei sono ormai abituati, più o meno, da due secoli, si aggiunge il quotidiano fuoco amico. Sino a quattro anni or sono, infatti, la Chiesa aveva una sua unità: non mancavano, come non sono mai mancati, accanto gli approfittatori e agli ipocriti, gli eretici, cioè coloro che miravano a distruggere il patrimonio profondo della fede. Ma dovevano in quale modo mimetizzarsi. Oggi non serve più: i media laicisti e la sede apostolica cantano e suonano sempre la stessa canzone. Aprite Radio radicale: l’idolo è Bergoglio. Leggete Repubblica: l’idolo è Bergoglio. Ascoltate i discorsi dei campioni del mondialismo: non mancherà un ossequioso tributo all’attuale inquilino di santa Marta. Coloro che detestavano Benedetto e la Chiesa, oggi venerano Bergoglio.
 
Cosa piace, ai tradizionali nemici della Chiesa, di Bergoglio? Che è il più efficace picconatore della fede. Una città si prende più facilmente con un cavallo di Troia, che con un assedio.
Bergoglio è esattamente questo cavallo di Troia. Ogni giorno sfonda un muretto, scardina un architrave, incrina un dogma… Sempre in modo ambiguo, sempre ammiccando alla cultura dominante; sempre presentandosi come un innovatore aperto ai tempi, diverso dai predecessori. L’Islam? Una “religione di pace”. L’immigrazione senza limiti, dietro cui ci sono sfruttamento e commercio di carne umana: una “benedizione”. La cultura gay: o silenzio o frasi ambigue, del tipo “chi sono io per giudicare?”. Quanto ai cattolici che rimangono fedeli alla moglie, alla dottrina, all’insegnamento ricevuto? Sepolcri imbiancati, farisei, duri di cuore…
 
Un amico, che in chiesa non ci vorrebbe più andare tanto si sente tradito, ha ribattezzato Bergoglio “Anatema I”. Molto azzeccato, visto che ad ogni apertura ad extra, corrisponde una violenta invettiva ad intra. Paolo VI parlava di “autodemolizione della Chiesa attraverso i suoi ministri” e di “fumo di Satana nel tempio di Dio”: sapeva bene con queste parole, di richiamare le profezie, che hanno sempre previsto l’apostasia nella chiesa come segno apocalittico. Quest’apostasia può esserci, maggiore o minore, in ogni tempo, ma oggi è più evidente che mai. I sacerdoti fedeli vengono perseguitati, quelli infedeli, premiati.
 
A Roma, me lo testimoniano numerosi amici che vivono addentro alle vicende vaticane, la corte non è mai stata tanto cortigiana: Bergoglio promuove sistematicamente coloro che portano avanti la sua visione, e annichilisce chi dissente. Non ha fatto nulla di concreto, riguardo a ciò che ha promesso (IOR, pedofilia…); non muove un dito di fronte agli scandali economici che toccano i pupilli come mons. Paglia o mons. Mogavero, ma utilizza la mannaia, o l’ingiuriosa noncuranza, verso chi osa pronunciare una domanda o proporre un legittimo dubbio. Intanto, ogni volta che può, nomina vescovi coloro che sposano le parti più controverse dell’Amoris laetitia, che fanno del dialogo con l’Islam o dell’apertura indiscriminata all’immigrazione la loro priorità.
 
Sentir parlare il nuovo vescovo di Ferrara, mons. Perego, è quantomai imbarazzante, ma anche istruttivo: laddove Benedetto XVI aveva messo un uomo come Mons. Luigi Negri, ortodosso e rigoroso, Bergoglio ha piazzato, in sostituzione, un prelato che è in tutto e per tutto l’esatto contrario.
Per non parlare di Mons. Galantino e di tutti i colonelli e gli ufficiali che partecipano alla demolizione della Chiesa trasformandola in una ONG politicizzata e evitando sempre di alzare la voce quando in parlamento si promuovono eutanasia, droga libera, matrimoni gay…
 
Come avviene tutto questo? In un clima, come si diceva, cortigiano: ci sono file di prelati che hanno compreso che il vecchio cursus honorum non vale più. Le congregazioni non decidono più nulla; i vescovi in carica e i nunzi vengono sentiti solo pro forma; la sinodalità è una parola senza significato, un puro flatus vocis. Decide tutto Francesco, per cui bisogna entrare nelle sue grazie, adularlo e sfuggire le sue ire improvvise; bisogna assecondarlo nella sua convinzione di essere davvero un grande riformatore, come san Francesco, o come Lutero, o come Castro (per Bergoglio, che non brilla certo per cultura né per raffinatezza teologica o filosofica, è tutto lo stesso).
Si assiste così a carriere improvvise; a uomini che salgono impetuosamente e che altrettanto improvvisamente scompaiono (con in tasca la nomina cui aspiravano); a preti incontrati da Bergoglio una o due volte, di cui egli si “innamora”, e che si trovano d’incanto premiati, coccolati, vezzeggiati, persino messaggiati… Sì, la Chiesa è una monarchia, ma una monarchia “costituzionale”. Se nella Chiesa non ci sono più depositum fidei, rispetto per il magistero precedente, diritto canonico, tribunali ecclesiastici ecc., mi confida un importante e santo ecclesiastico, “allora la Chiesa diventa non più una monarchia, ma una tirannia. E il modo con cui Bergoglio si comporta con le persone, è lo stesso che con cui tratta la dottrina, che dovrebbe conoscere e di cui dovrebbe essere servo, e non padrone”.
Perché, gli chiedo, lei dice “dovrebbe conoscere”? “Si rende conto — mi risponde — che quando gli fanno una domanda che meriterebbe una risposta decisa e contro corrente, rimanda al catechismo, o, come nel caso della bioetica, dice che lui di questo non se ne intende? Si intende, a suo dire, di clima, di ambiente, di immigrazione, di sociologia, di traffico di armi… ma quanto alla fede, o rimanda ad un testo che difficilmente i giornalisti conoscono o proclama la propria ignoranza. Secondo Lei perché?”. Spalle al muro, non posso esimermi dal rispondere: “Si vede bene che, quanto al catechismo, un po’ lo ignora, un po’ non gli piace, ma non può dirlo apertamente; un po’, infine, evita di citarlo esplicitamente, per evitare di farsi nemici tra i suoi fans laicisti”.
“Sa perché il papa non risponde e non risponderà mai ai dubia?”, conclude il mio interlocutore. Perché? “Glielo dico io: perché se rispondesse, diverrebbe evidente che l’Amors laetita rompe bruscamente con duemila anni di tradizione; lui vuole rompere, ma senza dirlo, gesuiticamente. E per un altro motivo: ignorando bellamente non 4 ma moltissimi cardinali, afferma chiaramente che decide tutto lui, e che del collegio cardinalizio non gliene importa nulla. Immagina se Pietro avesse ignorato i dubia di Paolo? La Chiesa sarebbe morta sul nascere…”.
 
di Antonio Righi (©La Verità, 23-05-2017)
 

venerdì 26 maggio 2017

Musulmani ed immigrazione

 
Propongo lo stralcio di un'intervista al Card. Giacomo Biffi(rip) sull'immigrazione in Italia, che a distanza di diciassette anni è ancora di grande attualità. QUI  il testo intero
 
Il caso dei musulmani
 (...) è evidente che il caso dei musulmani vada trattato a parte. Ed è sperabile che i responsabili della cosa pubblica non temano di affrontarlo a occhi aperti e senza illusioni.

Gli islamici -nella stragrande maggioranza e con qualche eccezione- vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra "umanità", individuale e associata, in ciò che ha di più essenziale, di più prezioso, di più "laicamente" irrinunciabile: più o meno dichiaratamente, essi vengono a noi ben decisi a rimanere sostanzialmente "diversi", in attesa di farci diventare tutti sostanzialmente come loro.

Hanno una forma di alimentazione diversa (e fin qui poco male), un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino a praticare la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede indubitabile e irrinunciabile, anche se aspettano prudentemente a farla valere di diventare preponderanti. Non sono dunque gli uomini di Chiesa, ma gli stati occidentali moderni a dover far bene i loro conti a questo riguardo. (...)

Va anzi detto qualcosa di più: se il nostro Stato crede sul serio nell'importanza delle libertà civili (tra cui quella religiosa) e nei princìpi democratici, dovrebbe adoperarsi perché essi siano sempre più diffusi, accolti e praticati a tutte le latitudini. Un piccolo strumento per raggiungere questo scopo è quello della richiesta che venga data una "reciprocità" non puramente verbale da parte degli stati di origine degli immigrati. (...)

Per quanto possa apparire estraneo alla nostra mentalità e persino paradossale, il solo modo efficace e non velleitario di promuovere il "principio di reciprocità" da parte di uno Stato davvero "laico" e davvero interessato alla diffusione delle libertà umane, sarebbe quello di consentire in Italia per i musulmani, sul piano delle istituzioni da autorizzare, solo ciò che nei paesi musulmani è effettivamente consentito per gli altri. (...)
 
Gli appartenenti alle religioni non cristiane vanno amati e, quanto è possibile, aiutati nelle loro necessità. Da alcuni di loro -segnatamente dai musulmani- possiamo tutti imparare la fedeltà ai loro esercizi rituali e ai loro momenti di preghiera, ma non tocca a noi prestare positive collaborazioni alla loro pratica religiosa.
 
A questo proposito, è utile richiamare quanto è disposto dalla Nota CEI del 1993: "Le comunità cristiane, per evitare inutili fraintendimenti e confusioni pericolose, non devono mettere a disposizione, per incontri religiosi di fedi non cristiane, chiese, cappelle e locali riservati al culto cattolico, come pure ambienti destinati alle attività parrocchiali" (n. 34).
 
Intervento dell'arcivescovo di Bologna Card. Giacomo Biffi (di felice memoria) al Seminario della Fondazione 'Migrantes'
 
30 settembre 2000   

martedì 23 maggio 2017

Salvami, o Dio!


LA PREGHIERA DELL'ANIMA AFFRANTA A GESU' EUCARISTICO
(Testo del Servo di Dio don Dolindo Ruotolo)

Salvami, o Dio, 
perché le acque della tribolazione 
sono penetrate sino all'anima mia.
Sono immerso nel fango della mia miseria
e mi sento senz'appoggio.

I miei occhi si sono consunti dal pianto,
mentre ti aspetto, o mio Dio.

Tu conosci, o Dio, la mia stoltezza,
e i miei peccati non ti sono nascosti.
Perdonami, risanami, rinfrancami, 
non rimanga confusa l'anima mia che ti cerca, 
il mio cuore che ti brama.

Vieni Tu in mio aiuto,
non rimanga confusa l'anima mia,
non ceda ora alle lusinghe del mondo!

A Te rivolgo le mie preghiere, o Signore, 
innanzi ai tuoi Altari Eucaristici; 
qui è il mio vero aiuto, 
questo tempo che passo con Te
è per me il tempo della grazia e della misericordia.

Traimi dal fango del mondo 
perché io non vi affondi, 
liberami dalle insidie di satana che mi odia, 
non permettere che io sia sommerso 
dai flutti delle mie passioni 
e che m'inghiottisca l'abisso!

Esaudiscimi, o Signore, 
perché la tua pietà è benigna, 
guardami nella tua grande misericordia, 
non nascondermi la tua faccia, 
affrettati ad esaudirmi poiché sono nell'angustia!

Vieni all'anima mia e liberala,
salvami perché i miei nemici
si sono moltiplicati intorno a me 
e minacciano di morte l'anima mia.

Ho il cuore spezzato, sono affranto,
ho atteso invano qualcuno che mi consolasse 
e non l'ho trovato,
perché il mondo non sa darmi 
che il fiele e l'aceto, l'amarezza e l'asprezza.

Il demonio mi tenta mi attrae con i benefizi temporali, 
col miraggio delle ricche mense, 
con l'illusione della luce falsa, 
con l'ideale della forza.

Si offuschi la sua falsa luce, 
vacilli la sua effimera potenza!

Io sono misero e dolente, o Signore,
il tuo soccorso salutare mi sollevi.

Amen.

martedì 16 maggio 2017

Tolkien: il segreto per un matrimonio felice


di Sonia Ritondale
J.R.R. Tolkien era un romantico. Quando incontrò la sua futura moglie, Edith, all'età di 16 anni, s'innamorò all'istante e iniziò mmediatamente un corteggiamento informale, invitandola regolarmente nelle sale da tè locali. Quando il sacerdote che gli faceva da tutore scoprì la sua storia d'amore, tuttavia, gli proibì di avere contatti con Edith sino all'età di 21anni, per non farlo distogliere dai suoi studi. Tolkien seppur a malincuore obbedì. Per 5 lunghi anni, attese l'unica donna certo che fosse la sua anima gemella. La sera del suo 21.mo compleanno, scrisse una lettera a Edith, dichiarandole il suo amore e chiedendola in sposa. Una settimana dopo, erano fidanzati in attesa del matrimonio.
 
Durante la sua vita, Tolkien scrisse poesie d'amore alla moglie e, nelle sue lettere agli amici, scrive di lei in maniera brillante. Ma forse il più famoso e intramontabile contributo alla sua amata sposa fu l'intrecciare la sua storia d'amore con la mitologia del Middle Earth nella storia di Beren e Luthien.
 
Scrisse al figlio, Christopher: "Non l'ho mai chiamata Edith Luthien - ma ella fu la fonte della storia che a quel tempo divenne la parte principale del Silmarillion. Fu all'inizio pensata in una piccola foresta, una radura traboccante di cicuta a Roos nello Yorkshire (dove fui per un breve periodo al comando di un avamposto di Humber Garrison nel 1917, e lei poté vivere con me per un pò). In quei giorni i suoi capelli color corvino, la sua carnagione chiara, i suoi occhi più brillanti come non li avevo visti mai......."
 
Neppure dopo la morte, Tolkien avrebbe lasciato la sua Edith. Fu seppellito accanto a lei e sotto un'unica lapide erano scritti i nomi di Beren e Luthien.
 
J.R.R. Tolkien fu felicemente sposato per 55 anni. Che cosa aveva Tolkien che molti matrimoni non hanno? Come lo fece funzionare? La risposta è semplice: capì che il vero amore implica l'abnegazione.
 
La nozione moderna di amore è puro sentimento e si focalizza soprattutto sull'io. Se qualcuno ti eccita, se ti fa palpitare allora si che puoi dire di essere innamorato secondo le definizioni moderne.
Proprio perché era profondamente legato a sua moglie Tolkien rigettava questa idea squallida sull'amore. Egli abbracciava invece l'idea cattolica del vero amore fondato sull'altro- qualcosa che richiede il sacrificio degli istinti naturali e un'azione determinata sulla volontà.
 
 
In una lettera al figlio Michael scrisse: 
"Nessun uomo può amare la sua sposa in anima e corpo senza un esercizio consapevole e deliberato della volontà, senza abnegazione. Ho sentito questo troppe poche volte in Chiesa, quasi mai fuori...
Quando il fascino finisce, o semplicemente le cose non vanno al meglio, l'uomo pensa di aver fatto un errore, che la vera anima gemella sia ancora da trovare. In realtà, la vera anima gemella risulterà essere solo la prima persona sessualmente attraente che gli capiterà davanti...
In realtà, la "vera anima gemella" è quella che hanno sposato... In questo mondo decaduto abbiamo come nostre uniche guide la prudenza, la saggezza (così poca in gioventù, troppo tardi nella vecchiaia), un cuore puro e la fedeltà nella verità..." 
 
Lo sforzo per la castità e la fedeltà non finisce mai...
L'essenza dell'amore è un atto di volontà. I sentimenti vanno e vengono nel matrimonio. Quelli che hanno matrimoni felici sono quelli che scelgono- scelgono di amare le loro mogli più di se stessi, che scelgono di sacrificare i loro desideri "a breve termine" per una felicità a lungo termine, quelli che "scelgono di dare invece che di prendere".
 
La vera gioia e la felicità senza fine nel matrimonio sono possibili. Innumerevoli matrimoni, incluso quello di Tolkien dimostrano il fatto. Ma non troveremo mai la gioia se siamo concentrati su noi stessi. Il paradosso è che ti devi dimenticare di te stesso per trovare la felicità che cerchi.
 
 
 Titolo originale: Tolkien: il segreto per un matrimonio felice
Fonte: Aleteia, 31/07/2015
 
TOLKIEN E IL SEGRETO PER UN MATRIMONIO FELICE
La vera gioia senza fine nel matrimonio è possibile, ma non la troveremo mai se siamo concentrati su noi stessi.

Nota di BastaBugie:
per leggere la biografia di Tolkien clicca QUI
Per approfondimenti sul Signore degli Anelli e Lo Hobbit, i capolavori di Tolkien, clicca QUI
 
 
 

lunedì 15 maggio 2017

Attenti alla 'Balena Blu'

'Blue Whale', 'Balena Blu' è il titolo di un nuovo “gioco” su Internet che sta facendo molte vittime tra gli adolescenti. Vista la tragicità, chiamarlo gioco è alquanto inopportuno: è un girone perverso, una vera e propria macchina dell'orrore, che esige un finale drammatico. Una dura sfida lunga cinquanta giorni che impone il superamento di cinquanta prove, le prime alquanto banali, altre più impegnative come svegliarsi alle 4,20; guardare film dell'orrore per 24 ore consecutive o ascoltare un certo tipo di musica; ne seguono altre macabre ed autolesioniste (tagliarsi un braccio, provocarsi delle ferite con le lamette, disegnarsi con un coltello una balena sul braccio) o basate sull’autoumiliazione fino all’ultima estrema e raccapricciante. A gestire questo percorso di prove è una sorta di arbitro in rete, che chiede di fornire, di volta in volta, dimostrazioni o foto delle prestazioni fatte e la cancellazione di quelle comprovate in precedenza.
 
Il gioco termina con la richiesta di un'ultima agghiacciante prova: il suicidio. Viene consigliato di cercare il palazzo più alto e gettarsi nel vuoto, ma viene accettato qualunque altro modo di suicidarsi, da dimostrare con un selfie.
 
Il gioco mortale sarebbe stato lanciato su VKontakte, una sorta di Facebook russo (dove si trovano almeno 1500 gruppi “social” istiganti al suicidio)e si è diffuso presto tra gli adolescenti. A novembre dell'anno scorso è stato arrestato un giovane russo, Philip Budeykin, accusato di aver ideato questo gioco, di aver creato un 'gruppo della morte' su Internet e provocato il suicidio di 15 ragazzini. Secondo un quotidiano locale, Novaya Gazeta, dal 2015 Balena Blu avrebbe causato la morte di 130 adolescenti. Fra i giovanissimi è diventata virale la foto di Rina, una ragazza di sedici anni che il 23  novembre 2015  si è fatta decapitare da un treno in una città della Siberia, poggiando la testa sui binari.
 
Intanto, col passare del tempo il macabro gioco si è diffuso in altri Paesi, come Francia, Spagna, Colombia, Cile, Brasile, Bolivia e Uruguay dove sono già state avviate delle indagini. Quasi certamente la moda suicida è arrivata anche in Italia: la polizia ferroviaria ha emanato statistiche preoccupanti: dal 2016 sono state ben 98 le vittime “accidentali”, con un inquietante aumento del 63% rispetto agli anni precedenti.
 
 

 

venerdì 12 maggio 2017

Le (s)virtù di Bergoglio

Nonostante ormai sia evidente che, se l’ “effetto Bergoglio” c’è, è il contrario di quello che proponeva, alcuni anni fa, il professor Massimo Introvigne (i fedeli a messa non aumentano ma diminuiscono), forse cercare di capire perchè la chiesa oggi sia così divisa può avere un significato. A costo di comparire nuovamente in una delle liste di proscrizione stilate dai nuovi papisti di Repubblica, Corriere della sera, Stampa, Espresso… tutti giornali arruolati nella difesa ad oltranza di Bergoglio, almeno quanto erano attivi nell’attacco sistematico a Benedetto, proverò ad analizzare alcune delle evidenti virtù di Bergoglio, all’origine del malessere di moltissimi cattolici.
La prima virtù è la prudenza, soprattutto quando si parla di questioni politiche. Alcuni giorni orsono Bergoglio ha dichiarato che lo Stato italiano gestisce nientemeno che “campi di concentramento” per migranti. Dove abbia potuto ricavare una simile notizia, piuttosto sconvolgente, non è dato saperlo. Ma non è certo la prima volta che Bergoglio fa dichiarazioni clamorose, magari aggiungendo frasi come “a quanto mi hanno detto“, “se è vero quello che mi hanno detto“…
La prudenza diventa esemplare nei viaggi sull’aereo: dopo ogni viaggio, Bergoglio parla di tutto, a braccio, generando equivoci su equivoci, creando ogni volta il panico. Se poi il tema è politico, la prudenza diventa attacco preventivo a candidati presidenziali (vedi il caso Trump), insieme a frasi del tipo “non mi voglio occupare di politica ma“. Se il politico di turno è invece notoriamente anti-cristiano, l’elogio è assicurato: per Bonino, Pannella, Napolitano, Castro, Morales… solo encomi.
Fanno parte del suo atteggiamento prudente anche le relazioni non istituzionali, ma amichevoli e ripetute, con uomini politici come Andrea Orlando, cresciuto nel Pci, lontanissimo da ogni valore cristiano, ma divenuto intimo del pontefice per la sua apertura ad un’amnistia per i carcerati. Sì, perchè se in Parlamento si discute di temi etici, Bergoglio si tiene fuori; se il tema è l’amnistia, o i migranti, l’intervento a gamba tesa è assicurato (tanto la stampa a lui devota non parlerà di ingerenza, come farebbe invece nel caso intervenisse su eutanasia…).
Un’altra virtù, connessa con la prima, è la riservatezza: Bergoglio rilascia interviste ad ogni piè sospinto, quasi fosse un uomo di spettacolo, o un politico. Questa iper-esposizione mediatica rende le su parole sempre meno incisive, generando un senso di sazietà incredibile. Visto poi che i temi che tratta sono sempre gli stessi, l’effetto saturazione è assicurato. Sentir parlare ogni giorno del dovere di accogliere gli emigranti, può generare rigurgiti persino nei più accoglienti e nei più disponibili. L’assenza poi, di ogni problematicità, rende certi discorsi imbarazzanti per la loro superficialità.
Un’altra virtù è la varietà: Bergoglio parla di migranti, di “Chiesa in uscita”, attacca i farisei, sostiene che “Dio non è cattolico”… letti tre discorsi, si è letto tutto. Anche perchè non di rado cita se stesso, mentre ha ben poca dimestichezza con il magistero dei suoi predecessori. Se deve parlare di temi più tipicamente cristiani, la vena retorica si secca; se all’ordine del giorno ci sono eutanasia, matrimonio gay, utero in affito, o rimanda al catechismo, o glissa, o lancia qualche singola dichiarazione cui non corrisponde nessuna azione concreta.
Un’altra virtù è la sinodalità e la disponibilità all’ascolto: è vero che parla moltissimo e annuncia novità ad ogni piè sospinto; è vero che sono più le telefonate che fa, che quelle che riceve, ma sa ascoltare. Però alla fine decide tutto lui. I vescovi dell’Emilia Romagna propongono un candidato per Bologna? Cestinato senza problemi. Così quasi sempre. Gli unici ad essere ascoltati sono i soliti: Spadaro, Galantino, Marx, Kasper…
Ai cardinali che pongono dei dubbi, non un cenno di risposta, neppure un incontro personale. Ci sono prima le telefonate a Scalfari, gli incontri con Benigni, le interviste ai giornali…
Il sinodo, pur indirizzato con ogni mezzo nella direzione voluta, non va come vuole lui. Allora ricorda a tutti i padri sinodali che la Chiesa deve agire cum Petro e sub Petro e scrive il documento da solo, mettendo quello che aveva già deciso all’inizio, in nota. Per poi indirizzare gli episcopati amici (Germania, Malta…) ed utilizzarli come ennesimo ariete. L’ascolto diventa eclatante nei casi dei numerosi commissariamenti: destabilizza interi ordini religiosi (vedi Francescani dell’Immacolata), senza neppure ascoltare, una sola volta, i suoi fondatori; crea una situazione inaudita nell’Ordine di Malta, che decapita con una fretta e un durezza senza precedenti; ignora bellamente due Family day, promossi dal laicato cattolico, cui non rivolge neppure un saluto nonostante nella sua predicazione vi sia spesso il riferimento  di rito al ruolo dei laici…
L’umiltà: Bergoglio ha deciso di prendere un nome, quello di Francesco, che nessuno aveva mai osato assumere. Francesco infatti è sempre stato considerato il santo più simile a Gesù, il più inarrivabile. Inoltre è stato un grande riformatore: “va e ripara la mia casa“. In verità Bergoglio, per ora, non ha toccato la curia; ha lasciato lo Ior come stava; ha piazzato uomini e  donne che poi lui stesso ha dovuto cacciare… ma nessun mea culpa, e nessuno gli toglie dalla testa di essere il salvatore di una chiesa che prima di lui era chiusa, ottusa, corrotta.
Questa umiltà viene ostentata: non vive in Vaticano, e lo fa sapere; come un populista qualsiasi si fa fotografare mentro va al bagno chimico (principale notizia sui social, durante la visita a Milano, diffusa guarda caso in tempo reale dal suo intimo sugeritore ed intervistatore, Antonio Spadaro); dialoga il più possibile con le personalità più alla moda, da Scalfari a Benigni; preferisce la ricchissima ed eretica chiesa tedesca, che continua a imporre una tassa e ad essere la più ricca, quanto a soldi e proprietà, del mondo, ma anche la più povera di vocazioni fedeli.
Un’ultima vitù è la competenza teologica: ma qui l’elenco delle frasi incomprensibili, ambigue, errate sarebbe così lungo che ci vorrebbe almeno un libro. Basti pensare che con poche frasette buttate lì, si gettano al macero 500 anni di interpretazioni magisteriali di Lutero, oltre che i libri di storia.
Ps se qualcuno avesse da obiettare contro questi appunti, in difesa di Bergoglio, tirando in ballo qualche falsa visione dell’infallibilità pontificia, ricordi bene che l’eroe bergogliano di questo 2017 è Martin Lutero, colui che definiva i papi “anticristi”, “demoni incarnati” e che non riconosceva loro alcuna autorità. Se per caso, poi, è cattolico, ricordi l’esempio non solo di Dante, ma dei santi che si sono opposti anche agli errori dei papi, da Paolo ad Atanasio, sino a Caterina da Siena…
 
(Scritto da Antonio Righi)
Tratto da QUI

giovedì 11 maggio 2017

Accoglienza indiscriminata

La carità e il suo esercizio si ordinano solo rispetto a Dio e non rispetto ai principi dell’antropocentrismo melenso.
 
Oggi purtroppo un pensiero non cattolico si è fatto strada ovunque, al punto che per l’uomo moderno -che va di pari passo con l’ecclesiastico modernista- si deve amare il prossimo senza stabilire un qualsivoglia ordine e ciò talvolta anche.....contro Dio o più di Dio. Oppure, quando il panteismo ha raggiunto livelli patologici, si giunge quasi all’affermazione esplicita che identifica il prossimo con Dio quasi metafisicamente. A quel punto nessun ragionamento -e nessun ordine nella carità- è più possibile.
 
Frasi frequenti come “il povero è Dio” per esempio, seppur pronunciate con intento retorico, alimentano -vogliamo sperare non intenzionalmente- tale confusione. Perché se è vero che nel volto del povero devo vedere l’impronta di Dio Creatore e l’azione di Dio Redentore, è anche vero che una creatura non potrà mai identificarsi col Creatore e l’amore da portare ad una qualsiasi creatura non sarà mai così incondizionato come l’amore che si deve portare a Dio.

 

L’oggetto dell’atto di carità riguarda dunque principalmente Dio, secondariamente le creature, nella misura in cui esse si riferiscono a Dio. Quest’ordine della carità che cerchiamo quindi -dice san Tommaso- si trova nelle cose stesse, nel loro essere rispetto a Dio. E’ un ordine oggettivo. Il prossimo non si ama incondizionatamente come fosse Dio, la bontà del prossimo non è assoluta, ma è “participative”, essa partecipa della bontà divina e in maniera diversa a seconda dei casi. Ci può essere quindi un “più” e un “meno” nella scala, poiché la misura è data dalla maggiore o minore vicinanza a Dio della cosa da amare.
 
“Obbligo d’accoglienza” dello straniero a qualsiasi costo anche contro il bene comune!? E’ il nuovo dogma, non rivelato da Dio, ma propagandato pressoché senza distinzioni da tutte le centrali del potere massonico. E’ evidente che un cuore cristiano, potendolo, presta soccorso a chi si trova in grave difficoltà, ma la “religione dell’uomo” -che sembra ormai aver conquistato la quasi totalità dei presidi cattolici- impone quello dell’accoglienza come un “imperativo categorico” al quale si può solo “obbedire”.

Lo smarrimento è poi alimentato dalle dichiarazioni di certe autorità ecclesiastiche che spesso propagandano la confusione, predicando come dottrina cattolica concetti che sembrano piuttosto i frutti maturi del peggior mondialismo che non della dottrina di Gesù Cristo.


Intorno alla singolare tipologia d’immigrazione dei nostri giorni si aprono certo più questioni, che partono dal serio discernimento sulla natura di questi flussi, all’aiuto doveroso verso i fratelli, in primis verso i cristiani d’Oriente; dalla necessità, per alcune realtà precise, di un possibile sostegno in loco - anche militare -, alla seria valutazione della presenza tra gli immigrati di molti lupi vestiti d’agnelli. Né è da dimenticare la questione fondamentale che ruota attorno alla nozione di “sovranità”, specie davanti a quella che si profila essere una vera e propria  “immigrazione di sostituzione”. Di qui il problema di determinare se la questione vada trattata sotto il profilo della mascherata invasione oppure se la questione sia solo relativa a quella che oggi con enfasi si chiama “accoglienza” e che si vorrebbe un’emanazione alla carità cristiana. L’accoglienza indiscriminata non testimonia l’amore di Dio, ma l’amore disordinato per alcune realtà terrene.

Il disordine nell’accoglienza dei popoli, nel favorire il loro spostamento sregolato, nell’alterare la pacifica convivenza di alcune Nazioni, alcune delle quali di tradizione cristiana, non è segno di carità. Anzi, è forse proprio uno dei segni che non si cammina nell’amore di Dio.
 
(Don Stefano Carusi)
 
Tratto da QUI

Che arroganza e che faccia tosta!
Si lamentano perché vogliono soldi, Wifi e cibo africano ed inveiscono contro gli Italiani dando loro dei razzisti.....

San Tommaso e l'ordine nella carità


Sui familiari, sui parenti, sui vicini, sui concittadini abbiamo in certo modo un “mandato divino d’amore”, quasi una responsabilità su di loro, che ci viene dall’ordine voluto da Dio Creatore, sul quale l’ordine soprannaturale si innesta.

San Tommaso D'Aquino nella 'Summa Theologiae' spiega che a seconda del tipo di legame che ci unisce siamo tenuti ad una dilezione particolare ed ordinata nei confronti di qualcuno prima che di qualcun altro (Quelli che sono a noi più congiunti, sono da amare maggiormente secondo la carità, sia perché sono amati più intensamente, sia perché sono amati sotto più aspetti).

Ad esempio in ciò che riguarda la nostra origine naturale dobbiamo amare principalmente i consanguinei, in ciò che riguarda lo scambio civile dobbiamo amare principalmente i concittadini e in ciò che riguarda l’azione bellica la nostra dilezione deve andare prima ai nostri compagni d’arme.

Nella distribuzione delle risorse familiari ad esempio, dice il Santo Dottore commentando Sant’Ambrogio, un padre è tenuto a nutrire i propri figli naturali piuttosto che eventuali figli spirituali. E’ l’ordine delle cose, che l’ordine soprannaturale non va a scardinare, ma a perfezionare. Analogamente quindi deve dirsi del dovere dei cittadini e dei Governanti, che in primis debbono occuparsi dei concittadini della propria Civitas prima che di quelli d’altre città. 

 Alla luce dell’insegnamento di San Tommaso d’Aquino non appare conforme alla dottrina cattolica sulla carità affermare che gli stranieri vadano amati e beneficiati in maniera uguale rispetto ai concittadini.

Elevare alla dignità di principio che si debbano trattare in maniera egalitaria tanto nell’ambito familiare che in quello della Civitas, i figli propri e i figli degli altri, i propri concittadini e gli stranieri, i figli della Chiesa e gli infedeli musulmani, non solo non è conforme al diritto naturale, ma appare anche in contrasto con la Divina Rivelazione e la Tradizione cattolica che ci insegnano la carità ordinata.(Don Stefano Carusi)Tratto da QUI


lunedì 8 maggio 2017

Europa vuota, senza identità


“Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della postmodernità, il progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale, con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo. Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite europee. E non possono cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo. La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono fermare, demonizzandola. La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.
 
“(...)Siamo nella guerra ideologica, ma stavolta non è fra comunismo e capitalismo, ma fra élite liberal politicamente corrette, l’aristocrazia globalista, e contro chi non condivide questa ideologia, come la Russia, ma anche Trump. L’Europa occidentale è decadente, perde tutta l’identità e questa non è la conseguenza di processi naturali, ma ideologici.

Le élite liberal vogliono che l’Europa perda la propria identità, con la politica dell’immigrazione e del gender. L’Europa perde quindi potere, la possibilità di autoaffermarsi, la sua natura interiore. L’Europa è molto debole, nel senso dell’intelletto, è culturalmente debole. (...)

L’Europa era la patria del logos, dell’intelletto, del pensiero, e oggi è una caricatura di se stessa. L’Europa è debole spiritualmente e mentalmente. Non è possibile curarla, perché le élite politiche non lo lasceranno fare. L’Europa sarà sempre più contraddittoria, sempre più idiota. I russi devono salvare l’Europa dalle élite liberal che la stanno distruggendo”.
 
“La Russia è una civiltà a sé, cristiana ortodossa. Ci sono aspetti simili fra Europa e Russia. Ma dopo il crollo del comunismo, quando la Russia si è avvicinata all’occidente, abbiamo capito che l’Europa non era più se stessa, che era una parodia della libertà, che era decadente e postmoderna, che versava nella decomposizione totale.

Questo Occidente non ci serviva più come esempio da seguire, per cui abbiamo cercato un’ispirazione nell’identità russa, e abbiamo trovato che questa differenza è fra cattolicesimo e ortodossia, fra protestantesimo e ortodossia, noi russi siamo ereditari della tradizione romana, greca, bizantina, siamo fedeli allo spirito cristiano antico dell’Europa che ha perso ogni legame con questa tradizione.
La Russia può essere un punto di appoggio per la restaurazione europea, siamo più europei noi russi di questi europei. Siamo cristiani, siamo eredi della filosofia greca”.
“(...) L’Europa non può comprendere l’atto politico per eccellenza, la sovranità, perché essa stessa ha perso il controllo della propria sovranità. 
“Il problema non è con l’islam, ma le élite hanno fatto entrare milioni di musulmani, senza integrarli perché c’è un vuoto senza identità. In questo liberalismo non c’è più assimilazione culturale, gli europei non possono proporre ai migranti un sistema di valori, ma solo la corruzione morale.
I matrimoni gay e l’Lgbt sono questioni politiche, non morali. Non a caso l’ideologia liberale vuole destrutturare l’idea di uomo e donna. (...) Non è una questione morale o psicologica, ma politica. La forma di degradazione spirituale dell’Europa è cominciata con il modernismo, la perdita dell’identità cristiana, ma è arrivato al culmine negli anni Novanta, quando tutte le istituzioni vennero plasmate dal liberismo di destra in economia e dal liberalismo di sinistra nella cultura. L’approvazione dei matrimoni gay mi hanno fatto capire verso dove stava andando l’Europa. Si arriverà presto al momento finale, dopo ci sarà il caos, la guerra civile, la distruzione. Forse è troppo tardi per ribaltare la situazione”.
 
Aleksandr Dugin  politologo russo
Intervista rilasciata a 'Il Foglio'